giovedì 14 novembre 2013

Patto di stabilità', strane ricette senza idee

Privatizzare le porzioni di spiaggia occupate dagli stabilimenti, allungare la durata delle concessioni, con rincaro del canone, è una vecchia proposta del senatore D'Ali' promotore delle modifiche alla legge di stabilità' per conto di Forza Italia.

Una proposta ciclicamente messa in campo da chi non ha idee e che vuol mettere le mani su Acqua, Parchi. Salute, Trasporti, ecc. tutti "Beni Comuni" la cui disponibilità' non può' avere un prezzo. Vedi lo sfascio della Sanità regionale che è diventata una voragine che assorbe una gran quantità di risorse per un servizio che peggiora costantemente nel tempo. Oppure far pagare il pedaggio per percorrere una autostrada costruita con i nostri soldi!
Siamo arrivati al punto che una emittente televisiva nazionale si vanta di offrire ai propri spettatori notizie (news) gratuitamente nonostante la sostanziosa propaganda politica in esse impressa.

I balneari, imprenditori per un mese! Gente a cui una concessione comunale data spesso è considerata manna venuta dal cielo. La gran parte gente che si procura così' un secondo lavoro dedicandovi le proprie vacanze estive. Oggetti di una cultura che sa solo accentuare le disuguaglianze tra chi è amico del padrone di turno e chi non lo ha.

Solo voto di scambio o forse una occasione per raddoppiare i clienti e mettere in campo le premesse per una ulteriore e devastante scempio del patrimonio paesaggistico del paese?

Una politica di stampo ultra liberista, usare e mettere a ricavo tutto e subito. Una orgia di "mordi e fuggi".
Ma dove fuggirete anzi dove fuggiranno i vostri figli quando avrete tagliato il ramo su cui sedete? Come spenderete i soldi che avrete estorto ai vostri clienti.

Politici ignoranti che si servono di idee e soluzioni politiche messe in campo da "Economisti" (sic!) che sono rimasti a datate ricette di sapore thacheriano o reganiano, ricette che ormai i paesi più avanzati hanno rinnegato perché dimostratosi sbagliate e dannose.

Una impresa che genera 13.000 euro di reddito annuo, secondo i dati del ministero delle Finanze , che razza di impresa e' per sacrificare la libertà dei cittadini. Ma di più che razza di impresa e una impresa che vive al massimo per tre mesi l 'anno? E' questo il modello di sviluppo che il paese si propone?

Il ritorno della eventuale vendita ( si parla di quattro mld) sarebbe per lo Stato una entrata per una volta sola, a cui dedurre la perdita dello incasso per le concessioni anno per anno, mentre il bene è venduto per sempre.
Chi decide se è cosa si venderà . Con quali regole. Senza contare il rischio di favorire la costruzione di strutture stabili sulle dune prospicienti spiagge che rappresentano qualche volta beni ambientali protetti.
Credo che in realtà il progetto è di mettere la premesse per favorire un nuovo piano di edificazione sui litorali di maggior pregio ambientale. Una manna per nuovi, o vecchi, palazzinari visto che cui acquista potrà sicuramente rivendere.

sabato 13 luglio 2013

Trasporti, un po' di coraggio

Alla partenza della stagione estiva, vengono cancellate alcune corse di treni intercity sulla dorsale tirrenica a sud di Napoli, uccidendo la mobilità' turistica sul territorio. Le Ferrovie dello Stato sostengono che: “La valutazione di quali treni cancellare è stata condivisa tra Regione e Trenitalia”. L’assessore Regionale garantisce che: “il Governo regionale sta cercando un punto di incontro con le Ferrovie dello Stato per dare ai cittadini calabresi un sistema di mobilità corrispondente alle loro esigenze”. Nascondersi dietro un dito. E' ormai un consunto giochetto di una gestione ragionieristica di questa amministrazione regionale incapace di raccontare che il rapporto con la societa' Ferrovie dello Stato e' di mera prestazione di servizi basato su una sorta di prezzario: tanto la Regione paga tanti servizi saranno concessi ai cittadini calabresi, turisti compresi. Cosa che non comprende solo la eliminazione di treni dallo orario ma anche le cancellazioni improvvise che molti pendolari apprendono solo dopo minuti di snervante attesa, la mancata pulizia dei vagoni, vagoni con aria condizionata non funzionante da anni, incuria verso i clienti trasportati, stazioni non assistite, mancanza di collegamenti veloci di alta fascia, la eccessiva durata del viaggio iscritta in orario per percorrenze dalle primarie localita' di partenza, ecc. ecc. Mi domando che senso ha che lo Stato detenga quote di partecipazione di un vettore che viaggia solo su criteri bilancistici pur operando in mercato captive quale è' quello pubblico. Tra le altre cose senza alcuna trasparenza circa i "rendimenti" delle singole linee di prodotto e senza alcun controllo sullo utilizzo dei finanziamenti ottenuti. Con un drammatico intreccio tra rete e gestione corrente. Lasciamo, finalmente, allo Stato la gestione e lo ammodernamento della rete e diamo più vigore alla azione di una Agenzia per il controllo della sicurezza del trasporto.

mercoledì 26 giugno 2013

Visibilità dei beni protetti dalla legge 29 giugno 1939, n°1497

Il Comune di San Nicola Arcella conta 797 famiglie contro le 4.981 abitazioni (al censimento del novembre 2011) totali presenti sul territorio. Une enorme, in relazione alla capacità di accoglienza del territorio, capacità alberghiera locale forte di circa 2200 posti letto utilizata per poco più di due mesi l’anno, in parte sottoposta a sequestro per fallimento ed in parte sotto sequestro per avvelenamento degli ospiti.
Una costa morfologicamente splendida e fino a qualche tempo fa dalle acque cristalline, tanto da meritare il riconoscimento di bene ambientale, sottoposto con Decreto Ministeriale del 15 dicembre 1969 (G.U. n° 8 del 10/01/70) alla tutela della Legge del 29 giugno 1939, n°1497 - Protezione delle bellezze naturali e del successivo Regolamento di attuazione approvato con regio decreto del 3 giugno 1940 n° 1357, decreta che:
“La zona costiera sita nel territorio del comune di San Nicola Arcella (Cosenza) ha notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, ed è quindi sottoposta a tutte le disposizioni contenute nella legge stessa.”
Con il vincolo dell’obbligo da parte del proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo, dell'immobile ricadente nella località vincolata, di presentare alla competente Sopraintendenza, per la preventiva approvazione, qualunque progetto di opere che possano modificare l'aspetto esteriore della località stessa,
Tutto ciò senza considerare che la costa ed il mare che si estende lungo la costa che va dall’Isola Dino a Capo Scalea è protetto quale Area SIC , Siti di Interesse Comunitario, ai sensi della Direttiva Habitat 43/92/CEE (Codice Sito Natura 2000 lT9310034) e si fregia di rappresentare, dal 2008, con l’Isola di Dino, una porzione consistente del Parco Marino della Riviera dei Cedri.
Di questo tratto di mare sottoposto nel periodo estivo alla aggressione di natanti privati e di quelli con licenza di servizio pubblico che ne fanno scempio, fa parte la costa, ampiamente antropizzata, del Comune di San Nicola Arcella, il cui ultimo Piano spiaggia prevede un numero esorbitante di concessioni allo esercizio dell’attività di posa sdraio ed ombrelloni, che recentemente l’amministrazione sta tentando di trasformare in concessioni annuali per stabilimenti balneari, anche in spazi di costa prospicienti un piccolo porto naturale che, sempre nel periodo estivo, raggiunge le 2/300 ormeggi.
Un luogo dove i cittadini non residenti lasciano sul territorio da alcune decine di anni una cifra compresa tra i 15 e i 18 milioni di euro l’anno di cui circa 2,5 milioni di euro/anno destinati alle casse comunali per coprire spese per servizi che questi cittadini utilizzano, in media. per meno di 20 giorni l’anno, come rinveniente da una recente ricerca in corso “Lifestyles and consumption of do-it-yourself residential tourists in Italy” condotta nell'ambito del CREeST (Centro Studi e Ricerce sul Turismo) dell’UNICAL con il sostegno della Camera di Commercio di Cosenza, che valuta in circa un miliardo di euro/anno le entrate economiche complessive dell’Alto Tirreno Cosentino per le sole attività connesse al turismo stanziale estivo locale.
Ci si domanda, allora, come è stato possibile agli enti preposti, Sopraintendenza ai Beni Ambientali e Strutture tecniche comunali, approvare un Piano di edificazione e rilasciare licenze nel territorio per circa 4.700 nuove abitazioni, a partire dal 1971 anno in cui il borgo di San Nicola Arcella era composto da 692 abitazioni, di cui ben 3732 approvate e costruite nel periodo 72-91 (circa 15 abitazioni/mese) cosa che si è ripetuta nel periodo 2001-2011 con ulteriori 8-900 ( circa 8 nuove abitazioni medie/mese), permettendo a San Nicola Arcella essere tra i primi (18° posto) nel rapporto tra abitazioni totali ed abitazioni dei residenti nella classifica riferita ai circa 8.100 comuni italiani, in pieno contrasto con il DM del ’70 sopra citato e facendo raggiungere un grado di saturazione ambientale incompatibile con il territorio e le sue strutture amministrative e produttive strutturate per soddisfare i bisogni di qualche centinaia di famiglie residenti senza che le autorità superiori siano, tempestivamente, intervenute.

La proposta: diamo un logo ed una adeguata visibilità anche ai luoghi che lo Stato ha deciso di tutelare, tra il disinteresse di tutti, con la Legge del 29 giugno 1939, n°1497 - Protezione delle bellezze naturali.
Imponiamo ai comuni e alle istituzioni interessate di rendere riconoscibile il bene protetto con adeguati segnali e targhe chiediamo loro di inserire il logo che il suo Ministero presceglierà su tutti i loro mezzi di comunicazione istituzionale.

lunedì 24 giugno 2013

Economia, una (pazza!) proposta

Ci stiamo avvitando in una spirale mortale.
Aumentiamo l'IVA per fare cassa. Poco roba per deprimere i consumi, grande impatto per chi (i commercianti, gli artigiani, professionisti ed imprese) l'IVA a fine mese dovrà fisicamente versarla allo Stato. Aumentando cosi' a dismisura il nero e l'evasione. Lo stesso vale per l'IMU sulle prime case. Una economicamente inutile bandiera mediatica viste le larghe esenzioni che i comuni hanno messo in campo per la prima casa.
È allora?
Un pacchetto di 2/3 miliardi si può trovare in un decimo di minuto. Non agendo sugli sprechi ma su un particolare ed odioso spreco di risorse.
Molti dei 23 miliardi di IMU sulle seconde case sono stati imprudentemente lasciati nelle casse dei comuni. Ma almeno il 20-30% di questi sono piccoli comuni turistici che presentano un rapporto abitazioni totali su abitazioni dei residenti superiore alla media nazionale che è calcolabile intorno a 1,15.
Leggendo i dati ISTAT si può agevolmente verificare che in alcuni casi qusto rapporto raggiunge le 10 e piu' case di non residenti per ogni abitazione di residenti. Soldi che la legge vigente lascia a questi piccoli comuni e che finiscono per la maggior parte in un vortice di inefficienze, in investienti inutili o in voto di scambio.
Ma non volevo parlarvi di minutaglie.
La proposta che vi faccio e' un innovativo patto che punta a mettere insieme gli interessi percepiti dei soggetti in gioco per ottenere il necessario riassorbimento della attuale disoccupazione.
Facciamo un patto con le associazione dei commercianti, degli artigiani, i professionisti e le imprese. Qualcosa che produca insieme meno evasione, minore lavoro nero e maggiore occupazione.
Questa in sintesi la proposta:
a tutte le imprese che dichiareranno una crescita del proprio fatturato rispetto al periodo precedente e solo a queste e alle start up, verra' ridotto, fino a concorrenza del 50%, il saldo IVA da versare allo Stato se un equivalente ammontare verra' impegnato per pagare gli oneri contributivi per nuovi assunti a tempo indeterminato.
L'equivalente di questo ammontare potrà essere utilizzato per pagare fino a concorrenza il 50% dei contributi. a nuovi dipendenti. Il patto varra' per un periodo (3, 5 anni?) predefinito e fintanto che il maggior fatturato verrà' mantenuto.
Se poi l'impresa decidesse di fare investimenti in innovazione di prodotto e di processo, questa potrebbe ottenere di non versare anche l'ulteriore 50% del saldo IVA fino a concorrenza del costo a copertura degli relativi ammortamenti maturati.
Si rinuncia a parte del saldo IVA per il fatturato aggiuntivo ma si ottengono: un incremento del PIL di 5-10 volte superiore al gettito di IVA perduto; si ottiene un nuovo assunto per ogni 100.000 euro di fatturato aggiuntivo; si ottiene un saldo attivo per la conseguente ripresa dei consumi, ecc. ecc.
Ma quello che più conta e che si spinge la impresa a far riemergere il nero, con conseguente possibile ed auspicabile maggior utile realizzato sulla quota parte del fatturato aggiuntivo.
Per maggiori stipendi versati, poi, si riottiene in imposte, forse, una quota dell'IVA non incassata.
Corrispondentemene diminuisce il rapporto debito PIL

martedì 29 gennaio 2013

IMU&TARES, una occasione per sovvertire lo statu quo

Le pregnanti modifiche che la recente legislazione del governo Monti ha varato sul funzionamento della cosa pubblica a livello comunale lascia attive tutte le distorsioni che riguardano i cittadini con seconde case che, alla stregua degli immigrati, non sono riconosciuti come cittadini in quanto a diritti ad esprimere la propria partecipazione e/o il proprio voto alle scelte politiche, di redistribuzione e di investimento dei comuni.
Il recente disegno di legge di stabilità, come le è noto, trasforma la vecchia ICI in due filoni sostanzialmente diversi tra loro l'IMU e la TARES. La TARES è un tributo che comprende la, ormai vecchia, TARSU e coprirà il costo (sic!) dell’insieme dei servizi prestati dal comune ai cittadini che si ampliano così dallo smaltimento dei rifiuti ai servizi prima prestati attraverso le imposte generali quali lo spazzamento delle strade, la gestione e la manutenzione dell’illuminazione e delle strade pubbliche, ecc.ecc., comprendendo, naturalmente, nei costi anche le quote di ammortamento degli eventuali investimenti programmati in funzione di obbiettivi di miglioramento e riduzione dei costi dei servizi offerti. In definitiva una surrettizia privatizzazione dei servizi comunali essenziali. L’IMU, una sorta di tassa di scopo che si conferma una vera e pura tassa patrimoniale, destinata a garantire la gestione politica a livello comunale. Un puro e mero aumento dissimulato dell’imposizione fiscale, che con l’istituzione del Fondo di solidarietà comunale lì previsto, è destinato a finanziare nel prossimo futuro, redistribuito secondo parametri certi (sic!), non solo il comune impositore ma, comunitariamente, l’insieme dei comuni italiani, sostituendosi alle assegnazioni statali venute meno. Ma tutto ciò sembra essere pura teoria. Sembra, infatti, che, per quanto riguarda le tariffe del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti (ex TARSU), che attiene alla parte variabile della TARES, i relativi regolamenti comunali in via di ri-approvazione da parte di alcuni piccoli comuni a vocazione turistica stia preferendo, per le famiglie, di non utilizzare, a scapito degli orientamenti correnti, metodi che privilegiano la risoluzione dei problemi di disponibilità di discariche e di riduzione dei costi. L'orientamento prevalente sembra non essere quello di calcolare, per la determinazione della spesa in bolletta, la misura fisica della quantità prodotta ma quello della imposizione annuale riferita a costi per ogni mq calpestabile indifferenziati (sic!). Una stortura che fa regredire il paese di alcune decine di anni. Questo metodo sembra strumentalmente applicato sia per i cittadini residenti che per quelli non residenti, nonostante la legge preveda eventuali maggiorazioni ed esenzioni del tributo in quanto ciascun comune avrà la possibilità di aumentare la tariffa fino a 0,40 euro in ragione appunto della tipologia dell’immobile ed immaginiamo del plausibile tempo di utilizzo oltre che della zona censuaria ove è situato l’area, l’immobile o l’unità locale in questione.
L'insieme si concretizza in una struttura di imposte che permette alle amministrazioni locali di far fronte alla gestione dei servizi necessari ai residenti quando applicata per le prime case ma che se applicata sulle seconde case, specie nei piccoli comuni turistici, porta solo danni, sperequazioni e distorsioni.
Quest'Italia minore, i piccoli comuni a vocazione turistica, che presentano rapporti tra abitazioni totali/abitazioni dei residenti che va da 1,15 a 18 volte, e' formata da circa 5000 comuni che, avendo lucrato negli anni ‘80 sugli oneri di costruzione, si trovano, ora, a beneficiare di questa coacervo di imposte e tasse applicata a un totale di circa 3 milioni di contribuenti. Con un gettito aggiuntivo per IMU che vale, presumibilmente, tra i 3 e i 5 miliardi di euro/anno, solo per imposte versate. Gettito esente da qualsiasi controllo democratico dei cittadini contribuenti che, peraltro, utilizzano i servizi comunali solo per qualche settimana l'anno. Ricordo che una buona parte di queste abitazioni non supera i 60/70 mq di superficie e sono di proprietà di persone con reddito modesto, specie al sud Italia. Ad evitare che si ripropongano le storture provocate dal gettito ICI e da una gestione dissennata del capitolo servizi (Servizio Idrico Integrato e Tarsu), una manna che ha portato in queste cittadine spesso voto di scambio, sprechi e ruberie, ci si aspetta che le modifiche apportate, come da noi auspicato in una nota per Bondi dello scorso novembre, possano essere più responsabilmente utilizzate dal governo utilizzando al meglio il Fondo di solidarietà comunale per aiutare lo sviluppo del paese e per realizzare investimenti in opere sovracomunali di manutenzione del territorio.