domenica 8 febbraio 2009

Gestire (il paese!) per emozioni

Il solco tracciato dalla destra è diventato così profondo che i nostri stanchi politici non si accorgono neanche più di quanto lontana è diventata la partecipazione e la democrazia. Molti, inascoltati, chiedono che il governo torni a "fare politica" e lasci la gestione degli accadimenti del "giorno dopo" alla struttura amministrativa troppe volte scavalcata da politici che cercano visibilità . Molte organizzazioni (e persone ) più avvedute stanno spingendo, ormai da tempo, il governo a sfruttare la crisi per dare una svolta al paese ma , per propri interessi di breve respiro, poche dicono con chiarezza cosa veramente bisognerebbe fare in questi casi. Molti, tutti, invocano la riforma della pubblica amministrazione e, guarda caso, la riforma delle pensioni. Molti sono quelli che hanno tutto l'interesse di tenere lontano dalle proprie organizzazioni la scure di riforme vere.

Le domande che vengono spontanee:

  1. E' possibile gestire (efficacemente) il paese facendosi guidare dalle emozioni?
  2. E' questa la missione che noi cittadini affidiamo ai politici che elegiamo?
  3. E' mai possibile che l'attuale capo del governo dichiari la propria predilizione a disegnare e costruire le casette per i terremotati di fronte al disastro dell'economia nazionale e del mondo occidentale?
  4. E' giusto che un Presidente del Consiglio si autonomini Capo del Dipartimento Eventi&Disastri, rubando il mestiere (la parte pubblica del..) al povero Responsabile della Protezione Civile?
  5. Chi è rimasto a progettare e gestire la strategia per ridare competitività alla nostra economia reale?
  6. Dove sono finiti i precari che non vedono rinnovato il proprio contratto, gli operai in cassa integrazione, i licenziati senza alcuna garanzia, i colletti bianchi degli uffici di R&S o quelli delle gestione e programmazione, divenuti ormai un peso economico, i dirigenti di medio livello che non sono capaci di trovare un qualsiasi lavoro perchè ritenuti troppo istruiti o troppo anziani, tutti quelli che sono obbligati a dormire in macchina, i pensionati che si sono ridotti a mangiare alla Caritas?

E ancora, di più,
  • chi si sta curando dell'avvenire dei nostri figli, una non generazione che sta consumando i risultati di una intera vita di lavoro e delle conquiste dei propri genitori?

e infine,
  • chi sta ponendo le basi per il futuro dei figli dei nostri figli? Nessuno!

Ma soddisfare questo bisogno non è, per caso e in democrazia, il compito della intera Società Civile e quindi della mediazione che nasce dal (più vivace possibile!) dibattito tra i politici delle varie parti (gruppi, associazioni, intellettuali, politici o persone) o ( in uno!) dei partiti che ci rappresentano?

E allora, tenuto conto che:
  • Il bisogno di raggiungere al più presto possibile risultati è figlio della gestione per emozioni;
  • Il bisogno di ridurre le parti del gioco politico è figlio della prevalenza delle emergenze;
  • La politica, non essendo capace di darsi un progetto strategico di sviluppo si appropria della gestione della cosa pubblica;
  • I poteri forti non essendo in grado di riorganizzare le strutture pubbliche, o meglio per propri indicibili fini, mette nelle mani di imprenditori (naturalmente!) predaci la gestione di servizi che devono essere, (naturalmente!) senza profitti e pubblici;
  • I media hanno di fatto oscurato la classe produttiva del paese, quella classe:

    • che unica, paga le tasse, che paga, con i propri contributi, la sanità, che consuma, che, come formichine, conserva quote della propria retribuzione per pagarsi una futura pensione e qualche volta riesce anche a risparmiare,

    • e

    • che divide, suo malgrado, tutte queste cose con l'altra parte del paese che non paga le tasse, che usufruisce di servizi sanitari che non paga, che pretende una pensione sociale per contributi che non ha mai versato, che vive agiatamente con i proventi di prestazioni non fatturate o di utili realizzati per servizi o prodotti scadenti e non confortati da adeguate specifiche che ne attestino la qualità.
bisognerà ripartire dalla indignazione dei cittadini ritrovando la democrazia e utilizzando i necessari pesi e contrappesi:
  1. mettendo nella giusta considerazione le priorità del paese, senza inseguire il solco tracciato dalla destra, ora miseramente e volutamente spostato verso temi importanti ma non (certamente!) esaustivi come la riforma (nel senso della riduzione e della privatizzazione!) della amministrazione pubblica, della riforma delle pensioni (dei dipendenti privati!), della scuola (che vuole privata!), la riforma della giustizia(che vuole piegata al potere politico!) o della sicurezza ,ecc.
  2. ritornando ad interessarsi dei fatti economici nel loro complesso, senza elusioni e senza favorire (esclusivamente!) la finanziarizzazione delle imprese o (genericamente!) chi produce ( quasi sempre vere porcherie e spesso in nero!) con l'imperativo di favorire (a qualunque costo!) i consumi e di realizzare (troppo spesso inutili e faraoniche!) opere pubbliche.

in uno, bisognerà governare i fatti economici riconoscendoli e orientandoli verso la qualificazione e l'eccellenza!
Credo che ciascuno di noi, quelli che hanno a cuore una politica di "sinistra" e/o che si stia ponendo alcune domande e per questo:

- stanno protestando, con vigore, anche con l'astensione

- stanno chiedendo (con vigore!) più equità sociale,

proponedo le seguenti priorità :
  • mantenere il nostro (in termini di mercato, piccolo!) paese al posto che i nostri padri lo hanno lasciato, lavorando per un incremento costante del PIL per unità di prodotto, oltre che per unità di lavoro;
  • abbandonando la via (perdente! o perduta) della riduzione dei costi a tutti i .. costi;
  • investendo nella scuola, nella formazione alla vita civile e nella europeizzazione dei giovani;
  • aumentando la quota di welfare ( sanità, assistenza ai cittadini deboli, pensioni ) a favore dei cittadini;
  • trattando e con equità (separandole dal welfare!) la gestione degli ammortizzatori sociali ( flessibilità del lavoro, cassa integrazione, prepensionamenti, ecc.) considerandoli (come realmente sono!) investimenti in partecipazione al rischio di impresa e non (come purtroppo oggi avviene) supporto ai lavoratori;
  • riorganizzando la macchina delle istituzioni pubbliche, attraverso la separazione netta dal potere politico (costituendo Agenzie!), il recupero dell'autorità della dirigenza, disegnando le responsabilità dei singoli in termini di rapporto con il cittadino e non in termini di rapporto con la fase di lavoro svolto, investendo in tecnologie informatiche (certe!);
  • istuendo una Agenzia per la qualità (specifiche e tracciabilità! ) dei servizi e dei prodotti pubblici e privati,
  • investendo in un piano quinquennale di premialità per le imprese e le università che investono in Ricerca& Sviluppo;
  • dicendo basta con la vecchia politica delle privatizzazioni selvagge, politica ormai dapertutto nel mondo occidentale ritenuta estremista e dannosa come lo è stata la politica del tutto pubblico;

Ed infine abbandonando idee di gestione politica tipo il bipartitismo il bipolarismo. La richiesta alla politica è maggiore partecipazione e maggiore democrazia: tutte le voci devono essere ascoltate (con un piccolo sbarramento!), anche a scapito dei tempi delle decisioni , decisioni che saranno, con questo programma solo strategiche e non contingenti.

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