domenica 20 settembre 2009

Energia, i vantaggi di un (qualunque!) risparmio

Il problema non è tanto procurarsi nuove fonti per averne (di più!) a disposizione ma divenire quanto più possibile minori importatori.
L'attuale consumo di energia produce un importante peso nella bilancia dei pagamenti ma non solo. La continua variazione dei prezzi influisce sui prezzi dei prodotti nazionali e quindi incide sulla produttività ma incide anche sul disavanzo dei conti della nazione.

E' stato valutato che lavorando sul solo risparmio è conseguibile almeno il 20% dei consumi complessivi (Libro verde sull'efficienza energetica, Fare di più con meno, del giugno 2005). Analisi che ha portato alla recente Direttiva 2006/32 dell'aprile 2006.
Che con il petrolio a più di 60 Euro/barile hanno un valore economico dell'ordine di 12,5 miliardi di Euro/anno.

Più in generale il problema non è tanto procurarsi nuove fonti per averne (di più!) a disposizione ma divenire, quanto più possibile, minori importatori.
L'attuale consumo di energia produce un importante peso nella bilancia dei pagamenti ma non solo. La continua variazione dei prezzi delle fonti energetiche (di qualunque tipo dal petrolio al nucleare) influisce sui prezzi dei prodotti nazionali (e quindi incide sulla produttività!) ma incide anche sul disavanzo dei conti della nazione.

Con riferimento al settore elettrico, nel 2005 l'Italia ha consumato circa 329,4 TWh (miliardi di kWh). Applicando la stessa riduzione ipotizzata per la domanda energetica nel suo insieme si può stimare un limite superiore della riduzione dei consumi conseguibile pari a 65 TWh, che hanno un valore di 4,2 miliardi di euro l'anno.

Nei settori industriali si possono ottenere importanti riduzioni di consumo. Uno studio ANIE (Associazione Nazionale Industrie Elettriche) stima che circa la metà dei 138 TWh (miliardi di kWh) dei consumi elettrici dell'industria siano imputabili al funzionamento di motori.
L’introduzione di tecnologie avanzate per la minimizzazione dei consumi, il recupero energetico e il ricorso a fonti di energia rinnovabile porterebbero a sensibili riduzioni degli effetti del costo delle fonti energetiche importate.
Un programma di efficientamento energetico delle Ferrovie Italiane potrebbe, per esempio, produrre una sensibile diminuzione dei consumi di energia.
I consumi energetici totali - per energia elettrica delle Ferrovie dello Stato ammontano a 1,3 Mtep di cui 1035 tep x 1000 di consumi elettrici per trazione (dati del bilancio 2008, riferiti al 2003). E' bene ricordare che l'energia elettrica consumata dalle Ferrovie dello Stato e da alcuni settori produttivi è sottoposta "regimi tariffari speciali" disposti per legge, a crico della comunità tutta.
Ma un programma di utilizzazione dei circa 19.000 km e delle relative infrastrutture delle Ferrovie Italiane come base per l'installazione di sistemi fotovoltaici, così come progetta di fare l'ENEL con il progetto «Cabine Primarie», o l'utilizzo delle centinaia di stazioni di trasformazione elettrica disposti lungo il percorso dei treni, spesso in luoghi poco abitati ma vicini a città o paesi, come stazioni di produzione di energia da rifiuti, potrebbe consentire una significativa fonte alternativa di energia elettrica .

Lo stesso vale per le società autostradali con il loro 5.370 Km di percorsi autostradali (scarpate, guardail centrale, ponti, autogrill, ecc. ecc.) o per le decine di migliaia di metri quadrati di tetti delle 5.198.274 seconde case, di cui circa l'85% situate in piccoli o piccolissimi centri specie al sud Italia.
Contrarimente a quanto affermato in una mozione dell'attuale maggioranza, firmata dal capogruppo (Maurizio Gasparri) e dal vicecapogruppo (Gaetano Quagliariello) del Pdl, dove si afferma che «Le aree richieste dal solare sono 64 volte più ampie a parità di potenza ma 180 volte più ampie a parità di energia ... e si elencano le «difficoltà realizzative dovute al siting »., il tutto senza occupare un metro quadrato di terreno!

Uno studio della Commissione Europea ha rilevato che in Italia la superficie di tetti disponibili (con orientamento verso Sud, Est o Ovest) e' di 370.000.000 metriquadrati, mentre quella delle facciate e' di quasi 200.000.000 metriquadrati. Se questi spazi fossero coperti da moduli fotovoltaici, sarebbe possibile produrre circa 130 TWh/anno, vale a dire 130 mila milioni di kWh l'anno, pari al consumo annuo di energia elettrica di oltre 30 milioni di famiglie (considerando una media di 4.000 kWh/anno per nucleo familiare).

Tra questi l’incentivo all’istallazione, quanto più generalizzata è possibile di soluzioni costruttive orientate alla pratica dello sviluppo sostenibile come p.e. la previsione di un sistema di smaltimento e riutilizzo dei rifiuti, il riuso delle acque reflue per l’umidificazione delle aree verdi del territorio, l’utilizzo di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica e di pannelli solari per la produzione di acqua calda.

Nel campo della produzione di energia elettrica senza emissione di CO2, la trovata rivoluzionaria è appunto la creazione di una centrale per la produzione di energia elettrica diffusa che, utilizzando la struttura di distribuzione elettrica esistente, mette in rete di un gran numero di mini-centrali per la produzione di energia utilizzando i tetti degli edifici conferiti per l’utilizzo al progetto. Senza consumare territorio verde.
In sostanza l'energia fornita da un singolo utente, o da un condominio, viene immessa in rete e venduta a una quotazione calibrata in modo da sostenere lo sviluppo del settore.
Se poi si mettono i pannelli fotovoltaici nella casa al mare, dove si finisce per produrre più di quello che si utilizza, è possibile firmare un contratto che prevede la vendita dell’energia prodotta e il pagamento a parte dell'energia consumata (visto che la casa a mare viene utilizzata per 20-30 giorni all’anno) è possibile ottenere un saldo attivo vendendo più del 90% dell’energia prodotta).
Ogni mini-centrale fornisce l'energia necessaria all’intero consumo domestico, che come si diceva sarà limitata a meno del 10% dell’energia prodotta, a costo zero. Il resto, il 90% della produzione di energia residua non utilizzata in casa, viene convogliata insieme alla residua produzione delle altre centrali domestiche all’ENEL che la redistribuisce ai propri utenti. Tutto senza costruire costose nuove grandi centrali, solo interconnettendo come tanti mini-computer collegati grazie a Internet le centomila (e forse domani i milioni) di mini-centrali domestiche.
Peraltro i tempi sono ormai maturi. La normativa recentemente pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 132 il DPR n. 59 del 25 giugno 2009, relativa al rendimento energetico in edilizia, tocca diversi aspetti legati alle rinnovabili e al risparmio energetico rendendo obbligatoria la certificazione energetica per i nuovi edifici, l’installazione di moduli fotovoltaici e solare termici sui nuovi edifici, pubblici e privati, e nelle ristrutturazioni.

La trafila per realizzare economicamente tutto questo è semplice. Si va in banca per prendere 7 mila euro a tasso agevolato, il 2 per cento, per ciascun nodo associato. Con questi soldi si comprano 7-8 metri quadrati di pannelli fotovoltaici, quanto basta per ottenere 1,5 chilowattora di potenza. Si mette l'impianto in giardino, o sul tetto, o sul terrazzo. Lo si collega al contatore elettronico, già arrivato in molte case, per vendere all'Enel o alle ex municipalizzate l'energia prodotta. E si aspetta. Ogni giorno che passa porta un credito virtuale che alla fine dell'anno si trasforma in vantaggio materiale: un incasso che permette di ammortizzare la spesa d'installazione in 10 anni e di non pagare l’energia consumata, ottenendo due vantaggi accessori. Il primo è che la mini centrale fotovoltaica dura 25 anni e gli ultimi 15 garantiscono un guadagno netto. Il secondo è la soddisfazione di utilizzare energia pulita, che non minaccia la stabilità del clima.
Ma il caso di un utilizzo intensivo dei tetti dei luoghi di vacanza è emblematico. Tanti tetti di case non usate per undecisimi dodicesimi , e spesso meno, dell'anno.
Il caso, per esempio, di San Nicola Arcella, una tipica cittadina turistica dell'Alto Tirreno Calabrese è ancor più semplice. Le 4.800 (ora, forse, 5.300) abitazioni esistenti (dati ISTAT al 2001) sono concentrate in circa 50 complessi (la maggior parte grandi parchi costituiti da gruppi di piccoli edifici o da ville uni o plurifamiliari). Cosa che permetterebbe una semplificazione della concertazione tra i soggetti implicati. Naturalmente vi sono fior fiore di banche disponibili a finanziare una iniziativa senza rischi come questa.
In Italia è attivo un meccanismo di incentivazione, definito “Conto Energia”, per la produzione di energia elettrica mediante impianti fotovoltaici. Lo Stato riconosce, per 20 anni, ai cittadini e alle aziende proprietarie di impianti fotovoltaici un contributo per tutta la produzione di energia elettrica. Per valutare la convenienza di un impianto fotovoltaico è importante calcolare il Tempo di Ritorno dell’investimento, che è il tempo che occorre per ripagare l’investimento stesso, e il Tasso Interno di Rendimento, definito come un indice di redditività. Questi indicatori dipendono ovviamente dalla zona di installazione dell'impianto.
San Nicola Arcella è posta in una zona ad altissimo rendimento.

Se si immagina di realizzare 500 mini-centrali in domicili pubblici o privati, interconnesse tra loro, queste possono fornire, utilizzando 10 mq di pannelli solari ciascuna, una produzione di energia di 1.000.000 kW (pari a 114 MW, una potenza di una piccola centrale termoelettrica ENEL), di cui circa 900.000 kWh da reimmettere in rete e un introito annuo di circa 400.000 euro dopo aver pagato l’energia effettivamente utilizzata. Questa considerevole entrata annua in parte, e per un periodo limitato, servirà a pagare l’investimento di circa 2,5 milioni di euro da realizzare. Ancora più conveniente (più 5 per cento) la tariffa per chi produce l'energia che consuma, per chi utilizza questa procedura per edifici pubblici, scuole e ospedali e si eliminano le coperture in eternit.
Un investimento con un tasso interno di rendimento pari a circa il 10%. Il plus di tale operazione è che non sarà immessa in atmosfera ben mezzo milione di kg/anno di CO2 per i prossimi 25 anni, con alta efficienza nel rapporto consumo-produzione di energia rispetto ad altre forme di produzione di energia sostenibile, p.e. l’eolico.
In ogni caso i Tassi Interni di rendimento degli impianti fotovoltaici sono sempre superiori ai normali tassi di rendimento degli investimenti in titoli di stato (BOT, BTP, CCT) che mediamente sono al 3-4% (attualmente sono dell’ordine dello 0,5%). La stessa Enel (attraverso Enel.si) propone un finanziamento senza acconto e pagamento in 12 anni con rate mensili di importo costante (finanziamento a tasso fisso) e prima rata a 6 mesi dall'erogazione.

Si può prevedere che per la realizzazione di questo progetto possa valere, per l’installazione di circa 5000, non meno di 2.500.000 di euro e dare lavoro ad almeno un centinaio di addetti per un anno equivalente pari a 20 - 25.000 giornate lavorative oltre ad un ritorno economico per le imprese commerciali relativamente a forniture di materiali e di attrezzature per circa 2,0 milioni di euro.
Ma vale ancora di più in termini di attuazione di un modello di sviluppo locale basato sul recupero e la ristrutturazione di tutto ciò che totalmente o parzialmente disponibile è attualmente inutilizzato, abitazioni, aree verdi, esercizi commerciali, imprese di servizi, capace di avviare tutte le potenziali iniziative nell’area dello sviluppo sostenibile che diano garanzie di poter irrobustire il tessuto socio-economico del territorio.

Applicazioni che se anche dovessero produrre costi di investimento pari a 10-15 anni di costo di acquisizione di energia dalle attuali fonti, sarebbero investimenti realizzati senza importare ed utilizzare petrolio o carbone e utilizzando imprese, tecnologie e personale per la maggior parte locale.
Con il beneficio di avviare verosimilmente autonomi processi di Ricerca&Sviluppo sul tema del rsparmio di energia.


Uno studio della Commissione Europea ha rilevato che in Italia la superficie di tetti disponibili (con orientamento verso Sud, Est o Ovest) e' di 370.000.000 metriquadrati, mentre quella delle facciate e' di quasi 200.000.000 metriquadrati. Se questi spazi fossero coperti da moduli fotovoltaici, sarebbe possibile produrre circa 130 TWh/anno, vale a dire 130 mila milioni di kWh l'anno, pari al consumo annuo di energia elettrica di oltre 30 milioni di famiglie (considerando una media di 4.000 kWh/anno per nucleo familiare).


Applicazioni recenti di una tale impostazioni è il progetto Mille Tetti. Tetti di interi territori trasformati in centrali elettriche.


Applicazioni che se anche dovessero produrre costi di investimento pari a 10-15 anni di costo di acquisizione di energia dalle attuali fonti, sarebbero investimenti realizzati senza importare ed utilizzare petrolio o carbone e utilizzando imprese, tecnologie e personale per la maggior parte locale. Con il beneficio di avviare verosimilmente autonomi processi di Ricerca&Sviluppo sul tema del risparmio di energia.



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1) E' una unità di misura di energia. Esprimere MTEP in kWh farebbe scrivere ogni volta una decina di zeri, quindi si usa l'MTEP. Rappresenta la quantità di energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo e vale circa 42 GJ. Quindi è anche utile perché ti dà subito un'idea di quanto petrolio sarebbe necessario per produrre la stessa quantità di energia con una centrale solare.
2) Alcuni dei multipli e sottomultipli più utilizzati del watt:
milliwatt (mW) = 10-3 W = 0,001 W
watt = 100 W = 1 W
chilowatt (kW) = 103 W = 1000 W
megawatt (MW) = 106 W = 1 000 000 W (1000 kW)
gigawatt (GW) = 109 W = 1 000 000 000 W (1000000 kW) 1000 MW
terawatt (TW) = 1012 W = 1 000 000 000 000 W
Si può quindi dire che una lampadina consuma 100 W e che una centrale produce 1 GW, quindi in due ore la lampadina consuma 200 Wh e in un anno la centrale produce 8760 GWh.

sabato 27 giugno 2009

Candidature&partecipazione

Il solco tracciato dalla destra è diventato così profondo che i nostri stanchi politici non si accorgono neanche più di quanto lontana sia diventata la partecipazione e la democrazia. Molti, inascoltati, chiedono che il governo torni a "fare politica" e lasci la gestione degli accadimenti del "giorno dopo" alla struttura amministrativa troppe volte scavalcata da politici che cercano visibilità.
Non credo sia possibile che si possa gestire (efficacemente) il paese facendosi guidare dalle emozioni. Non è certamente questa la missione che noi cittadini affidiamo ai politici che eleggiamo. Nè è possibile che l'attuale capo del governo, autonominandosi Capo del Dipartimento Eventi&Disastri, dichiari la propria predilezione a disegnare e costruire le casette per i terremotati di fronte al disastro dell'economia nazionale e del mondo occidentale.
Chi è rimasto a progettare e gestire la strategia per ridare competitività alla nostra economia reale? Dove sono finiti i precari che non vedono rinnovato il proprio contratto, gli operai in cassa integrazione, i licenziati senza alcuna garanzia, i colletti bianchi divenuti ormai un peso economico, i dirigenti di medio livello che non sono capaci di trovare un qualsiasi lavoro perché ritenuti troppo istruiti o troppo anziani, tutti quelli che sono obbligati a dormire in macchina, i pensionati che si sono ridotti a mangiare alla Caritas?
Chi si sta curando dell'avvenire dei nostri figli, una non generazione che sta consumando i risultati di una intera vita di lavoro e delle conquiste dei propri genitori? E infine, chi sta ponendo le basi per il futuro dei figli dei nostri figli?
Nessuno!
Ma soddisfare questo bisogno non è, per caso e in democrazia, il compito della intera Società Civile e quindi della mediazione che nasce dal (più vivace possibile!) dibattito tra i politici delle varie parti (gruppi, associazioni, intellettuali, politici o persone) o ( in uno!) dei partiti che ci rappresentano?
Io credo che bisognerà ripartire dalla indignazione dei cittadini ritrovando la democrazia e utilizzando i necessari pesi e contrappesi. La richiesta alla politica è maggiore partecipazione e maggiore democrazia: tutte le voci devono essere ascoltate (anche a scapito dei tempi delle decisioni), i partiti devono accettare la contaminazione di tutti e smetterla di essere un partito-azienda o peggio una azienda-partito, come sta dimostrando di essere il PD.

Francesco Nunziata

domenica 8 febbraio 2009

Ferrovie ed authority

Un secondo eurostar che si spezza, intercity che, dismesso il proprio storico ed elegante materiale rotabile, viaggiano con vecchie carrozze degli anni quaranta alla bene e meglio (sic!) riconfigurate (come la carrozza n° 61 83 19-90 110-3 sulla quale ho avuto la sventura di viaggiare qualche giorno fa).
Livello delle tariffe, costo delle prenotazioni, degli sconti, sistemi di sanzionamento, ecc. determinate senza alcuna logica.
Tempi di percorrenza abbondantemente in crescita in questi ultimi anni, alla faccia del rinnovo tecnologico e degli investimenti profumatamente pagati dallo Stato (e dai cittadini tutti e non solo da quelli che pagano il biglietto), come il percorso Roma Napoli cresciuto in venti anni di circa 30 minuti, a parità di materiale ferroviario utilizzato.
Tempi orari non aggiornati come, per esempio, il percorso Reggio Calabria-Napoli cresciuto di 20-30 minuti, nonostante l'apertura della scorciatoia Vesuvio, una importante opera che, abbondonata la vecchia e panoramica linea costiera, permette un risparmio temporale di almeno 20 minuti nel percorso tra Salerno e Napoli.
Treni bloccati nelle stazioni per decine di minuti per aspettare il sorpasso di un eurostar in ritardo, ecc, ecc.

Come si può immaginare che la rete, la gestione del trasporto pubblico a redditività sociale(pendolari, intercity) o la gestione del servizio a redditività economica (Eurostar/Alta Velocità) facciano capo ad un unico centro di potere, con un consiglio di amministrazione che costa due milioni di euro all'anno, impelagato nella "gestione" di una pletora di circa 70 aziende partecipate, le più disparate, e la cui attenzione manageriale è tutta dedicata a fare la concorrenza sulla linea Roma-Milano ad Alitalia, possa gestire in assoluta autonomia tutto il trasporto ferroviario italiano, rete compresa?

Non è il caso che, l'avvicinarsi dell'avvio del servizio di un nuovo gestore ferroviario passeggeri, sia l'occasione per riportare il controllo sulla gestione della rete e quindi della priorità degli investimenti e delle strategie del trasporto pubblico nell'ambito del controllo del Parlamento?

Ormai è il tempo, per una corretta gestione delle regole comuni, che il governo pensi seriamente ad istituire una Autority dei Trasporti.
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(dati del bilancio 2007)

Gestire (il paese!) per emozioni

Il solco tracciato dalla destra è diventato così profondo che i nostri stanchi politici non si accorgono neanche più di quanto lontana è diventata la partecipazione e la democrazia. Molti, inascoltati, chiedono che il governo torni a "fare politica" e lasci la gestione degli accadimenti del "giorno dopo" alla struttura amministrativa troppe volte scavalcata da politici che cercano visibilità . Molte organizzazioni (e persone ) più avvedute stanno spingendo, ormai da tempo, il governo a sfruttare la crisi per dare una svolta al paese ma , per propri interessi di breve respiro, poche dicono con chiarezza cosa veramente bisognerebbe fare in questi casi. Molti, tutti, invocano la riforma della pubblica amministrazione e, guarda caso, la riforma delle pensioni. Molti sono quelli che hanno tutto l'interesse di tenere lontano dalle proprie organizzazioni la scure di riforme vere.

Le domande che vengono spontanee:

  1. E' possibile gestire (efficacemente) il paese facendosi guidare dalle emozioni?
  2. E' questa la missione che noi cittadini affidiamo ai politici che elegiamo?
  3. E' mai possibile che l'attuale capo del governo dichiari la propria predilizione a disegnare e costruire le casette per i terremotati di fronte al disastro dell'economia nazionale e del mondo occidentale?
  4. E' giusto che un Presidente del Consiglio si autonomini Capo del Dipartimento Eventi&Disastri, rubando il mestiere (la parte pubblica del..) al povero Responsabile della Protezione Civile?
  5. Chi è rimasto a progettare e gestire la strategia per ridare competitività alla nostra economia reale?
  6. Dove sono finiti i precari che non vedono rinnovato il proprio contratto, gli operai in cassa integrazione, i licenziati senza alcuna garanzia, i colletti bianchi degli uffici di R&S o quelli delle gestione e programmazione, divenuti ormai un peso economico, i dirigenti di medio livello che non sono capaci di trovare un qualsiasi lavoro perchè ritenuti troppo istruiti o troppo anziani, tutti quelli che sono obbligati a dormire in macchina, i pensionati che si sono ridotti a mangiare alla Caritas?

E ancora, di più,
  • chi si sta curando dell'avvenire dei nostri figli, una non generazione che sta consumando i risultati di una intera vita di lavoro e delle conquiste dei propri genitori?

e infine,
  • chi sta ponendo le basi per il futuro dei figli dei nostri figli? Nessuno!

Ma soddisfare questo bisogno non è, per caso e in democrazia, il compito della intera Società Civile e quindi della mediazione che nasce dal (più vivace possibile!) dibattito tra i politici delle varie parti (gruppi, associazioni, intellettuali, politici o persone) o ( in uno!) dei partiti che ci rappresentano?

E allora, tenuto conto che:
  • Il bisogno di raggiungere al più presto possibile risultati è figlio della gestione per emozioni;
  • Il bisogno di ridurre le parti del gioco politico è figlio della prevalenza delle emergenze;
  • La politica, non essendo capace di darsi un progetto strategico di sviluppo si appropria della gestione della cosa pubblica;
  • I poteri forti non essendo in grado di riorganizzare le strutture pubbliche, o meglio per propri indicibili fini, mette nelle mani di imprenditori (naturalmente!) predaci la gestione di servizi che devono essere, (naturalmente!) senza profitti e pubblici;
  • I media hanno di fatto oscurato la classe produttiva del paese, quella classe:

    • che unica, paga le tasse, che paga, con i propri contributi, la sanità, che consuma, che, come formichine, conserva quote della propria retribuzione per pagarsi una futura pensione e qualche volta riesce anche a risparmiare,

    • e

    • che divide, suo malgrado, tutte queste cose con l'altra parte del paese che non paga le tasse, che usufruisce di servizi sanitari che non paga, che pretende una pensione sociale per contributi che non ha mai versato, che vive agiatamente con i proventi di prestazioni non fatturate o di utili realizzati per servizi o prodotti scadenti e non confortati da adeguate specifiche che ne attestino la qualità.
bisognerà ripartire dalla indignazione dei cittadini ritrovando la democrazia e utilizzando i necessari pesi e contrappesi:
  1. mettendo nella giusta considerazione le priorità del paese, senza inseguire il solco tracciato dalla destra, ora miseramente e volutamente spostato verso temi importanti ma non (certamente!) esaustivi come la riforma (nel senso della riduzione e della privatizzazione!) della amministrazione pubblica, della riforma delle pensioni (dei dipendenti privati!), della scuola (che vuole privata!), la riforma della giustizia(che vuole piegata al potere politico!) o della sicurezza ,ecc.
  2. ritornando ad interessarsi dei fatti economici nel loro complesso, senza elusioni e senza favorire (esclusivamente!) la finanziarizzazione delle imprese o (genericamente!) chi produce ( quasi sempre vere porcherie e spesso in nero!) con l'imperativo di favorire (a qualunque costo!) i consumi e di realizzare (troppo spesso inutili e faraoniche!) opere pubbliche.

in uno, bisognerà governare i fatti economici riconoscendoli e orientandoli verso la qualificazione e l'eccellenza!
Credo che ciascuno di noi, quelli che hanno a cuore una politica di "sinistra" e/o che si stia ponendo alcune domande e per questo:

- stanno protestando, con vigore, anche con l'astensione

- stanno chiedendo (con vigore!) più equità sociale,

proponedo le seguenti priorità :
  • mantenere il nostro (in termini di mercato, piccolo!) paese al posto che i nostri padri lo hanno lasciato, lavorando per un incremento costante del PIL per unità di prodotto, oltre che per unità di lavoro;
  • abbandonando la via (perdente! o perduta) della riduzione dei costi a tutti i .. costi;
  • investendo nella scuola, nella formazione alla vita civile e nella europeizzazione dei giovani;
  • aumentando la quota di welfare ( sanità, assistenza ai cittadini deboli, pensioni ) a favore dei cittadini;
  • trattando e con equità (separandole dal welfare!) la gestione degli ammortizzatori sociali ( flessibilità del lavoro, cassa integrazione, prepensionamenti, ecc.) considerandoli (come realmente sono!) investimenti in partecipazione al rischio di impresa e non (come purtroppo oggi avviene) supporto ai lavoratori;
  • riorganizzando la macchina delle istituzioni pubbliche, attraverso la separazione netta dal potere politico (costituendo Agenzie!), il recupero dell'autorità della dirigenza, disegnando le responsabilità dei singoli in termini di rapporto con il cittadino e non in termini di rapporto con la fase di lavoro svolto, investendo in tecnologie informatiche (certe!);
  • istuendo una Agenzia per la qualità (specifiche e tracciabilità! ) dei servizi e dei prodotti pubblici e privati,
  • investendo in un piano quinquennale di premialità per le imprese e le università che investono in Ricerca& Sviluppo;
  • dicendo basta con la vecchia politica delle privatizzazioni selvagge, politica ormai dapertutto nel mondo occidentale ritenuta estremista e dannosa come lo è stata la politica del tutto pubblico;

Ed infine abbandonando idee di gestione politica tipo il bipartitismo il bipolarismo. La richiesta alla politica è maggiore partecipazione e maggiore democrazia: tutte le voci devono essere ascoltate (con un piccolo sbarramento!), anche a scapito dei tempi delle decisioni , decisioni che saranno, con questo programma solo strategiche e non contingenti.