martedì 7 settembre 2004

Democrazia e Controllo dei piccoli comuni turistici (3)

Abstract : Le modifiche, in termini di autonomia, della legislazione riguardante i comuni, la trasformazione di questi in "centri servizi" finanziariamente autonomi, il colpevole mancato adeguamento dei sistemi di controllo ha aperto la strada, specificamente per i piccoli comuni, a possibilità di manipolazione del bilancio. Con risultati significativi sul rispetto dei parametri del Patto di Satabilità. La determinazione dei residui attivi rappresenta per i piccoli comuni, specie quelli turistici, spesso una oppoertunità per evitare il commissariamento. La soluzione: ridefinire le regole di nomina, e le caratteristiche, del Revisore dei conti, unica figura rimasta a presidiare il controllo contabile di questi enti.

Una questione rilevante che se non gestita rischia di far saltate i limiti imposti dal Patto di Stabiltà.
L'analisi dei dati del Censimento ISTAT del 2000 mostra come dei 7.436 comuni con meno di 15.000 abitanti (circa il 92% degli 8100 comuni italiani, circa il 42% della popolazione residente) custodiscono il 46,4% del totale patrimonio di unità abitative del paese. Questi comuni posseggono il 62,8% del patrimonio abitati del paese non utilizzato dai residenti. In questi comuni le abitazioni non utilizzate dai residenti rappresentano il 36,1% di quelle utilizzate. Tra questi per ben 4.000 comuni le abitazioni occupate dai residenti rappresentano la metà di quelle disponibili. Per 1100 comuni il rapporto sale a 3,4 , fino a raggiungere un massimo di 18 abitazioni disponibili per ogni abitazione occupata dai residenti.
Questi comuni, pur avendo le "caratteristiche economico-finanziarie" di un comune di "classe demografica" superiore, non sono sottoposti ad alcuni importanti controlli del Patto di Stabilità nè, di fatto, al controllo della
La questione: la recente attuazione del decentramento amministrativo ha portato per molte amministrazioni comunali la necessità di accellerare i processi di autofinanziamento. Questo è stato realizzato sopratutto attraverso una più puntuale applicazione dell'ICI, una più puntuale fatturazione relativa alla fornitura dei servizi, gestione reflui, acquedotto, raccolta dei rifiuti solidi urbani e di molte altre imposte. L'applicazione di questo nuovo rigore non sembra però essere stato realizzato, in questi primi anni di applicazione, in modo trasparente, specie per i piccoli comuni e specie in quei contesti, i comuni turistici, dove le abitazioni presenti sul territorio sono di molto maggiori di quelle occupate e per di più intestate a cittadini sconosciuti all'anagrafe. Molti di questi comuni hanno dovuto allestire una banca dati alternativa all'anagrafe stessa. Attività che è stata per lo più affidata a terzi attraverso contratti capestro, con costi finali che hanno eroso gran parte di quanto effettivamente al momento incassato e con risultati scadenti.
Ma quel che più conta è che questo lavoro, a quasi dieci anni dall'avvio del decentramento amministrativo, non ha permesso di concludere il processo di definizione univoca dell'anagrafe dei contribuenti, creando un gran volume di residui attivi, un ampio contenzioso e nei comuni più piccoli e con più alto rapporto abitazioni/famiglie, cioè nei comuni turistici che possono contare su un alto volume di entrate da cittadini non votanti, la discrezionalità figlia del caos potrebbe aver prodotto occasioni di voto di scambio.
Il rischio è che i bilanci di questi comuni, che non passano, di fatto, sotto la lente del controllo di congruità, sia perchè la cosa non è prevista del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, TESTO UNICO DELLE LEGGI SULL'ORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI, che limita alcuni importanti controlli ai comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti residenti, ma anche a causa della classificazione (classi demografiche riferite ai soli cittadini residenti) utilizzata, contengano volumi di residui attivi in gran parte aleatori (1) .
In tempi di vacche magre con il continuo contrarsi dei finanziamenti statali e con i vincoli alla crescita della spesa, gli amministratori di questi comuni devono garantirsi il voto futuro e la continuità. In presenza di parametri di controllo inefficaci, con rapporti di congruità che utilizzano un denominatore non congruo, il numero dei cittadini residenti, e potendo spendere il gran potere offerto alle amministrazioni di questi piccoli comuni turistici viste le semplificazioni del controllo che il dl 267 offre e, in qualche caso, una gestione furbesca dei residui attivi, incasso futuro di imposte passate, è la soluzione per evitare il commissariamento fino alle successive elezioni.
Si tratta di volumi considerevoli (2). Un possibile errore di attribuzione o, come troppo spesso capita, la possibile duplicazione dei soggetti tassati rispetto al bene da tassare, vedi il caso delle proprietà in comunione dei beni o in comproprietà, il numero degli anni da riscuotere, le partite in gioco, ICI, Tarsu, Servizio Idrico Integrato, le eventuali penalità per ritardato pagamento appostate, ecc. possono dare il senso del volume di danaro in gioco (3) per ciascun soggetto eventalmente inserito non correttamente negli elenchi.
Scarti anche di qualche punto percentuale rispetto al totale atteso di incassare possono avere un peso determinante sulla credibilità del rapporto disavanzo Pil tenuto conto che dopo tanti anni di mancata esazione l'errore possibile sulla autenticità del titolo a recuperare si fa sempre più grande.
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(1) La Deliberazione n. 6/2003 della Corte dei conti – Sezione autonomie osserva - "Come già osservato in passato, pur mostrando una situazione di amministrazione positiva, la maggior parte delle gestioni di competenza degli Enti considerati (il 61,5% delle Province, il 70,8% dei Comuni ed il 54,5% delle Comunità montane) presenta invece un disavanzo: gli avanzi di amministrazione sono quindi raggiunti per lo più solo grazie alla gestione dei residui. Una persistente diffusione di squilibri nelle gestioni di competenza costituisce un fenomeno che suscita di per sé rilevanti perplessità. E’ infatti da considerare che mentre l’attendibilità dei dati della gestione di competenza dipende solo dalla correttezza degli accertamenti e degli impegni, l’attendibilità dei residui dipende anche dall’accuratezza dell’annuale operazione di revisione che conduca ad un giudizio positivo sull’esistenza di validi motivi giuridici per il loro mantenimento nel conto del bilancio. In sostanza, è sufficiente conservare nel conto del bilancio residui attivi, in realtà inesigibili, per evidenziare risultati di amministrazione in parte inattendibili, eventualmente evitando anche di ripianare sostanziali disavanzi". (Relazione sui risultati della gestione finanziaria e sull’attività degli enti locali nell’esercizio 2001 e sulla gestione di cassa nell’esercizio 2002,inviata al Parlamento il 19 giugno 2003)

(2) L'ISCO - Istituto Nazionale per lo Studio della Congiuntura - scrive: "Quanto alla situazione al 31 dicembre 1999 dei residui attivi dei Comuni va segnalato il decremento avvenuto nel corso del 2000 (- 2,2%) segnando a fine anno un ammontare pari a 69.076,5 milioni di euro, a fronte dei 70.637,8 milioni evidenziati al 31 dicembre 1999. Un decremento esiste nella formazione dei residui della competenza che a fine 2000 si sono attestati a 31.162,6 milioni rispetto ai 35.023,9 milioni del 1999 (- 11%). La velocità di smaltimento dei residui della competenza è passata dal 41,7% del 1999 al 40,7% del 2000.Il forte decremento dei residui attivi di competenza verificatosi nel 2000 (Appendice ES. 7) è derivato dalla minore formazione dei residui di parte corrente passati da 18.529 milioni nel 1999 a 17.029,3 milioni del 2000 con un calo dell'8,1% e dei residui di conto capitale (- 28,8%) passati da 9.766,3 del 1999 a 6.952,4 del 2000. I residui della contabilità speciale hanno manifestato un vistoso aumento del 67,5% passando da 899,2 milioni a 1.505,8 milioni".
(Relazione 2001 - I bilanci delle Regioni, Provincie, Comuni e Comunità Montane, testo redatto per la Relazione generale sulla situazione generale del paese-anno 2001)

(3) Tenuto conto che, nel contesto descritto, i residui attivi fanno capo per lo più a presunti crediti riferiti a soggetti che non hanno mai versato le imposte dovute, Mediamente la cifra versata da un cittadino, nel 2001, per tasse e imposte comunali raggiunge una cifra vicina ai 350 euro/anno (la sola cifra mediamente pagata nel 2001 è stata pari per l'ICI a 369.571 lire e per la TARSU a 170.500 lire). Supponendo che ci si debba riferire ai cinque anni canonici (ma le ultime finanziarie hanno prorogato questo termine) si ottiene il debito presunto unitario pari ad una una cifra complessiva mediamente pari a 1.750 euro, senza contare interessi e sovraimposte per ritardato pagamento.

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